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Espressioni locali da non prendere alla lettera

Quando le parole non significano quello che pensi: frasi e modi di dire dal mondo

Chi ha viaggiato, vissuto o studiato all’estero si sarà sicuramente imbattuto prima o poi in modi di dire o espressioni locali che non significano quello che sembrano. Questi piccoli inganni linguistici sono spesso la prima causa di figuracce, fraintendimenti ed equivoci. Per quanto possano mettere in difficoltà sul momento, diventano storie divertenti da raccontare al ritorno. Ecco alcuni esempi che potresti incontrare in giro per il mondo.

“Je suis crevé” (Francia)

Un francese che dice “Je suis crevé” non ti sta confessando di essere ferito a morte: significa semplicemente che è stanchissimo! Un’espressione che, se tradotta alla lettera, suona molto più drammatica di quanto sia in realtà.

“Break a leg” (Stati Uniti / Regno Unito)

Letteralmente significa “rompiti una gamba”, ma in realtà è un modo per augurare buona fortuna, l’equivalente del nostro “in bocca al lupo”. Un augurio che, fuori contesto, può sembrare un po’ inquietante.

“Tirar la toalla” (Spagna)

Tradotto alla lettera è “tirare l’asciugamano”, ma in spagnolo prende il significato di “arrendersi”, “lasciar stare”, “abbandonare”. È molto simile al nostro “gettare la spugna”.

“Ich verstehe nur Bahnhof” (Germania)

Significa “Capisco solo stazione dei treni”. In realtà equivale a dire “Non ci capisco niente!”. I tedeschi la usano spesso in modo scherzoso.

“It’s not my cup of tea” (Regno Unito)

Se qualcosa “non è la mia tazza di tè”, non riguarda davvero il tè: significa semplicemente che non è di tuo gusto, che non fa per te.

“Eh?” (Canada)

Il celebre “eh?” canadese non ha una traduzione precisa. Gli italiani tendono a confonderlo con il nostro “eh?” usato quando non si è sentito qualcosa, ma in realtà è una particella che si aggiunge a fine frase per chiedere conferma o complicità, come dire “giusto?”.

Preparati a vivere (e ridere) con una nuova lingua!

Trovarsi davanti a barriere linguistiche fa parte dell’avventura di vivere un’esperienza all’estero. Gli equivoci fanno sorridere, ma soprattutto insegnano che il linguaggio è vivo, creativo e profondamente legato alla cultura di un popolo.

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